Il caso Avatar
Le banconote
della Repubblica della Terra, i bond, la classifica di Fortune,
"Striscia la notizia" e la Consob: esperimenti di finanza creativa.
La Consob
(Commissione nazionale per le società e la Borsa) nei giorni scorsi
ha ordinato
la chiusura di sette siti internet appartenenti al gruppo
Avatar, ufficialmente a
scopo cautelativo. È la prima volta che in Italia trova applicazione
questo strumento, previsto da una direttiva Ue sul
commercio elettronico
recepita appena lo scorso anno. Nell'occhio del ciclone, la moneta
della Repubblica della Terra, il Dhana.
La vicenda prese il via il
23 gennaio, quando ancora in pochi avevano sentito parlare dell'Avatar,
un'azienda con sede a Sant'Ilario d'Enza, in provincia di Reggio
Emilia, e un capitale sociale di
199 miliardi di euro. Per capirsi: più della Fininvest del
Cavaliere, più della Telecom del signor Afef. Ma parecchio di più. E
tutto in mano a Rodolfo Marusi Guareschi, 54enne originario di
Salsomaggiore Terme, ai suoi due figli, Valerio e Tristano, e alla
segretaria di famiglia (nonché
compagna
di Rodolfo), Cheti Franceschi, amministratrice unica di altre
460 e oltre società circa,
tutte con sede nella Regione. Poi il settimanale Il Mondo è
uscito in edicola con un'inchiesta su questa sconosciuta holding
italiana e la sera stessa "Striscia la notizia" si è occupata del
caso.
La Avatar, tra le altre
attività, emette banconote, che ovviamente
non hanno corso legale, di
una fantomatica Repubblica della
Terra. La carta moneta si chiama Dhana e, ha spiegato la
dott.ssa Franceschi, il suo valore è garantito dai capitali
aziendali, più garantito del dollaro, visto che le riserve auree
degli
Stati Uniti
si andrebbero esaurendo. Le Dhana
non si cambiano in banca e non si possono usare per fare la
spesa, le si acquista dalla Avatar ed è possibile utilizzarle per
transazioni economiche tra aziende. Proprio questa attività di
Guareschi ha prestato il fianco alla
Consob, che nei giorni
scorsi ha ordinato la chiusura dei siti. È stato sufficiente
inoltrare la richiesta alla
polizia postale,
che a sua volta ha individuato i provider, i quali hanno
tempestivamente (sono previste sanzioni in caso di diniego)
provveduto ad adeguarsi. Ora sulle sette pagine web in questione
(altre otto sono in via di oscuramento) campeggia la
delibera 14422 che ordina
la sospensione cautelare per 90
giorni «della sollecitazione all'investimento avente a
oggetto la moneta Dhana della Repubblica della Terra». La Avatar ha
fatto ricorso al Tar del Lazio contro il provvedimento della Consob
e dagli uffici la Franceschi ha fatto sapere che tutti sono
tranquilli, dalla parte della ragione e pronti a dimostrarlo.
Già a fine gennaio, però, la Consob aveva dato il via a una serie di
approfonditi accertamenti
sull'azienda. Pronta a mettere sul solo mercato italiano bond
(titoli obbligazionari) per 50 milioni di euro (all'estero ne
piazzerebbe per 44,5 miliardi), l'Avatar non ha dipendenti,
nonostante il capitale sociale dichiarato sia nettamente superiore a
quello di un'azienda come l'Eni (50 volte superiore, per
l'esattezza) e rappresenti il 20%
del Pil (Prodotto interno lordo) italiano. I bond sono
stati pensati per essere sottoscritti solo da investitori
istituzionali, anche perché, per scelta, il taglio minimo sarebbe
stato di 250mila euro. La
vicenda ha allarmato la Consob: la questione chiave è che avendo l'Avatar
deciso di mettere sul mercato solo un certo numero di pacchetti, per
legge non è soggetta ai vincoli che tutelano il piccolo
risparmiatore e dunque non è obbligata a presentare un
prospetto informativo.
Cosa che ha insospettito gli esperti del settore.
In aggiunta l'esponente di An,
Alberto Arrighi,presentò un'interrogazione a Silvio
Berlusconi e al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sulla
società emiliana, chiedendo all'esecutivo di intervenire
preventivamente, attraverso le autorità competenti, al fine di
accertare che non ci fossero rischi di truffa ai danni dei
risparmiatori. Il problema, per Arrighi, è proprio tutelare i
consumatori e gli
eventuali investitori: «L'Avatar
si appresta a collocare consistenti pacchetti di obbligazioni, per
50 milioni di euro. A fronte di attività paragonabili solo alla
ricca fantasia
di scrittori come Jules Verne». La Avatar, dal canto suo, conferma i
progetti, ma respinge fermamente le accuse: «Non siamo la Parmalat
né la Cirio - ha detto la Franceschi - forse è proprio questo il
problema». Chissà quali banche
e quali investitori si muoveranno per questi bond, e
soprattutto quali si sono mosse in passato.
"www.libero.it"
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